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Sambuci

L’Aniene è uno dei principali affluenti del Tevere (chiamato anticamente prima Albula, poi Thybris ed infine Tiberis), terzo fiume italiano per estensione che nasce in località Balze, nel comune di Verghereto alle pendici meridionali del Monte Fumaiolo (1407 m. s. l.m.), agli estremi della provincia di Forlì, e nel suo percorso verso il mare Mediterraneo incontra la terra Sabina, il suo popolo e Roma. Si capisce subito l’importanza dei luoghi nei quali ci troviamo e quel collegamento mirabile tra il fiume Tevere e fiume Aniene che disegna l’omonima Valle ove incanto e magia convivono in simbiosi con la lussureggiante vegetazione, metà di turismo ambientale. Un cammino spirituale da percorrere per interrogare l’Anima e il Pensiero sul mondo dell’oggi. Nelle antiche cosmologie greche, il complesso degli elementi materiali senza ordine che preesiste al κόσµος, cioè all’Universo ordinato. Il nome greco χάος (che contiene la stessa radice χα- dei verbi χαίνειν, χάσκειν, «essere aperto, spalancato») è stato adoperato per denominare la gran «lacuna» o vuoto originario che si poteva pensare preesistente alla creazione del «cosmo». La modernità ci appare, talvolta, come avvolta in un disordine di elementi scollegati tra loro, privi di relazioni gli uni dagli altri; lo stesso nostro modus operandi secondo modelli prestabiliti e decodificati da algoritmi sempre più performativi ed automatizzati creati da macchine artificiali, sembrano allontanarci sempre più dalla nostra sfera intima per un’oggettivazione delle esperienze che coinvolge anche l’esperienza estetica ed artistica, in equilibrio tra un’assoluta autoreferenzialità e la presunta democraticità della smaterializzazione. Da qui la necessità per il sapiens di ritrovare capisaldi sui quali procedere nella rituale della frammentarietà cui assistiamo e navighiamo apparentemente senza rotta e coordinate da seguire. Ecco allora apparire la nostra metà, Sambuci, borgo che deve il suo nome alle piante di sambuco un tempo abbondanti sul colle sul quale sorge e nelle pianure sottostanti, e noi scivolare dal mito alla favola catturati dalle stanze segrete del suo Castello Theodoli. L’imponente struttura edificata nel XII secolo, che con la sua mole domina il piccolo abitato, si  presenta al contempo misteriosa ed affascinante nell’aspetto, circondata da un delizioso giardino all’italiana. L’interno dell’edificio, distribuito su più livelli, presenta diversi ambienti e livelli in una continua sorpresa, come gli affreschi di Giovan Angelo Canini, allievo del Domenichino, commissionati dal cardinale Camillo Astalli quando, a metà del Seicento, lo acquistò per trasformare l’edificio in un palazzo nobiliare, dando ad ogni sala il nome dai soggetti che la decorano. Straordinario il Salone della Gerusalemme Liberata, in onore al poema del Tasso; il Salone delle Prospettive che sfoggia paesaggi incorniciati da un colonnato scandito da figure mitologiche e dalle allegorie delle arti; la Sala di Flora in cui, agli angoli del soffitto, sono raffigurati giganti che sostengono medaglioni con Apollo, Marte, ed Ercole; la cappella dedicata all’Arcangelo Michele e infine una sala da bagno con Mosè Salvato dalle Acque. Attribuito a Mario de’ Fiori è, invece, il Salone del Carro del Sole, decorato con le allegorie del giorno e della notte.

 

Immersi nella favola, intrighi di corte e stanze segrete le opere del tour hanno trovato la loro collocazione e l’inaugurazione della tappa è stato un momento di reale partecipazione, avvolti dalla carezza del pubblico, i cittadini del piccolo borgo, e dagli artisti presenti a testimoniare con le loro opere quel messaggio di vicinanza e stretto legame che l’Arte può rinsaldare tra i popoli di territori distanti solo geograficamente, bensì uniti nella comune appartenenza alla terra. Il sentimento di pace e armonia, di riconoscimento e valorizzazione dei luoghi e delle tradizioni locali è prevalso nelle parole del Sindaco di Sambuci Francesco Napoleoni, del Responsabile Nazionale ENAC Raffaele Cosimi Proietti, dello scultore e responsabile della Galleria Purificato.Zero Francesco Zero e della curatrice della mostra Silvia Filippi. Un coro di voci dalla Sicilia al Lazio per affermare la funzione irrinunciabile della cultura, principio ineluttabile per rilanciare il cammino evoluzionistico umano e un progresso sostenibile. “Nessuna cosa si può amare, né odiare, senza piena cognizion di quella“, diceva Leonardo Da Vinci, indicazione chiave per conoscere ed indagare allo scopo di riconnettere quei discorsi interrotti sui territori, la consapevolezza delle nostre origini per proiettarsi nel futuro come cittadini (derivazione del termine politikḗ (tékhnē) ‘arte di governare’, der. di polítēs ‘cittadino’). In tale istanza risiede il cardine di questa rassegna artistica, nata con la finalità di riconnettere l’immenso patrimonio italiano che rischia la dispersione sotto la spinta di modelli vuoti di contenuto.